Ogni estate, da 20 anni, torno sulle isole del Quarnero.
La prima cosa significativa che ti capita, sbarcati a Cherso, è arrivare sopra Beli, a cavallo del monte, a cavallo dei mari. Puoi ammirare l’incredibile panorama o soffermarti sull’aroma diffuso, un aerosol naturale.
All’inizio, devi chiederti solo di sentirlo.
Poi, devi riconoscerlo.
Passano gli anni e continuano i ritorni, ogni estate, come le onde sulle falesie e sulle spiagge. Così facendo, ho iniziato ad amare quest’aroma e a sentirne la malinconica assenza.
Si tratta dell’elicriso, una pianta la cui etimologia mi piace decifrare come ‘oro solare’: un bene prezioso capace di catturare il sole pulito dalla bora.
La terra ferma, massiccia, è più in là. Intorno a te ci sono scarpate di elicriso, salvia, ginepro, muretti a secco e sono, tutti, un creato del sole, dell’uomo, del mare, delle pecore, dei grifoni, del vento, dei secoli.
Sull’isola, in questo paesaggio carsico, con questo aroma, soffro un’altra malinconia: verso tutte le cose che potrei essere, che sarò, che non sono stato. Sono spinto ad andare avanti o forse a tornare indietro, a immergermi in chi sono, sul serio.
Respiro, contemplo in silenzio la libertà e posso stringere la mano a chi voglio bene.
P.S.
Qua sotto le mie foto scattate a luglio 2019.
Qua un fantastico articolo scientifico sull’elicriso, “gigante dormiente”, è qua.