Dalla bolla della Via Appia

Sulla via Appia, per sei giorni mi hanno sussurrato qualcosa i sorrisi della compagnia dei viandanti, gli smisurati cieli d’Irpinia, la pioggia e il vento, gli occhi degli agricoltori e degli archeologi, il freddo, il sole, le articolazioni dolenti delle gambe.

Il corpo parla per sensazioni e allusioni. So che alla prima sera, al primo arrivo del cammino, ero come febbricitante da una bomba di sensazioni dall’esperienza nell’aria aperta: ricordavo i passi e i luoghi del mattino come se li avessi vissuti un mese prima.

Meravigliato dalle viste del cammino, il giorno dopo qualcuno ha detto: «è come se camminassimo nello sfondo di Windows 95». Dall’ordinaria simulazione della realtà, quella di fronte allo schermo, stavamo arrivando nella realtà.Eravamo in una compagnia che sapeva di non essere a rischio del virus – tutti negativi al test covid.

La condizione straordinaria in cui abbiamo avuto il privilegio di camminare nei sei giorni sull’Appia, restituisce una buona notizia: quel condizionamento di massa, da mascherina e da paura di mani e contatti, si scioglie in un attimo. Alla fine del cammino, è stato straordinario abbracciarci per l’ultimo saluto.

Dopo tutto, potendo superare le preoccupazioni del covid, oltre lo sfondo del computer e del telefonino, ci sono sentieri lievi per sentire noi stessi, per sentirci vivi e, così facendo, dare un senso ai nostri passi, al nostro tempo.

[dal 31 gennaio al 5 febbraio 2021, sono stato tutor per la Scuola di Cinema in Cammino di Visioni in movimento, tra Campania, Basilicata e Puglia. Sono stato in una straordinaria compagnia. Grazie a tutti voi]

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